L’Altopiano Del Cansiglio
Un lembo di verde vicino al cielo
Se, per spiegare l’aspetto panoramico del Cansiglio, facciamo ricorso alla nostra esperienza più o meno diretta, possiamo pensare a un atollo, cresciuto in forma ellittica: la vegetazione si raccoglie tutta sull’anello che emergeva dal mare; la laguna interna, progressivamente interratasi, è divenuta un mare d’erba.
A noi, ora, che vediamo l’Altopiano del Cansiglio sollevato da forze smisurate a oltre 1.000 m rispetto alla Pianura Veneto Friulana, riesce molto difficile ricostruire quella situazione geologica primitiva: riesce diffìcile immaginare l a terraferma verso Pordenone-Udine e invece il mare aperto verso Vittorio Veneto o verso Belluno.
Eppure, chiunque può trovare lungo i margini orientali dell’Altopiano del Cansiglio fossili meravigliosamente conservati entro rocce che paiono di porcellana granulosa e candida.
Soltanto la dorsale d’oriente corrisponde, però, all’antica barriera corallina. Il resto della cintura montuosa, che abbraccia il Cansiglio e che pur si salda con evidente continuità, deriva dall’innalzamento dei sedimenti del fondo marino. Si parla sempre di fenomeni avvenuti circa ottanta milioni d’anni orsono; “qualcosa” di meno (quaranta-trenta milioni d’anni) vale per l a spinta laterale che obbligò quelle potentissime bancate, spesse anche più di 700 m, a ripiegarsi, a corrugarsi e infine a inarcarsi fuori del mare, per esporsi all’azione infaticabile e implacabile degli agenti meteorici.
Senza tener conto dell’azione prodotta dai ghiacciai, che in parte coprirono l’Altopiano, furono le acque (pioggia, neve, torrenti) che incisero, solcarono, scolpirono, sciolsero, traforarono quelle rocce, approfittando della loro composizione e soprattutto delle infinite fratture che quella ciclopica compressione aveva prodotto nella massa rigida.
Si vedono ancora qua e là, specialmente a sudovest, dove un tempo lontanissimo scendevano torrenti spumeggianti e chiassosi, i letti muti e invasi dalla vegetazione. L e acque ormai scorrono tutte sotterranee in una ragnatela disordinata di cavità, talora profondissime. Non appena piove (e qui la piovosità è altissima) le acque sono come risucchiate da imbuti, da interstizi e colano giù giù, per
riapparire quasi 1.000 m più sotto: a est, dove nasce il Fiume Livenza , o a ovest, dove se ne alimenta il Lago di S. Croce.
Quello che si dice Altopiano del Cansiglio è in realtà un’ellisse di 14 km per 9, che si sviluppa da nord-est a sud-ovest, ed è definito chiaramente da una corona montuosa che oscilla tra i 1.000 e i 1.500 m di quota, con le punte del Monte Croseraz (1.654 m) e del Monte Millifret (1.581 m). Al centro giace, a 1.006 m, un piano — il Piano di Cansiglio — che si estende per oltre 3 km in lunghezza e 2 in larghezza, occupando cosi l’imboccatura d’un immenso imbuto.
Poco più a settentrione, due altri piani minori, il Piano di Valmenera e il Pian di Cornèsega, giacciono a un livello di circa 100 m inferiore rispetto a quello del Piano di Cansiglio. Per giungere al Cansiglio si percorre la bella statale che parte da Vittorio Veneto (distante 23 km) e porta verso Farra d’Alpago a nord: dal gioioso e caldo ambiente trevigiano si passa, avvertendo un senso di fredda inquietudine, nella chiusa e cupa foresta del Cansiglio, che circonda il Piano, in un ambiente montano che si rischiara solo nell’ampia distesa centrale occupata quasi tutta da pascoli erbosi, popolati d’estate da parecchie centinaia di bovini.
Questa vegetazione ha una storia lunga e complessa ed è storia vegetale, ma è anche storia fatta dall’uomo, che — come attestano i documenti — già nel X secolo destinò la foresta a dominio pubblico. Le vicissitudini storiche che seguirono poterono modificare soltanto in parte la composizione e la consistenza della foresta del Cansiglio, favorita da caratteristiche climatiche e ambientali singolarissime.
È noto che in alcune doline carsiche, a mano a mano che si discende verso il fondo, a mano a mano, cioè, che la temperatura s’abbassa e l’umidità cresce, si riscontrano forme di vegetazione corrispondenti a quote sempre più alte: anche nell’Altopiano del Cansiglio si conosce una cavità caratteristica in tal senso, quella detta Fornel del Gias, in fondo alla quale il ghiaccio si mantiene per tutto l’anno.
È il fenomeno curioso e raro dell’inversione delle zone filologiche.
Ebbene, altrettanto avviene, su scala molto più vasta, entro il “bacino” chiuso del Cansiglio; ed è il contrario di quello che si può comunemente notare sui fianchi di qualsiasi monte, dove, salendo, si vede che al faggio succedono l’abete e il larice e infine il pino mugo, finche, oltre i 2.000 m circa, i prati non
vedono traccia di vegetazione d’alto fusto.
Se ci si pone al centro del Piano di Cansiglio, si può scoprire che in più d’un tratto della cintura montuosa e boscosa, specialmente verso sud, la parte alta è occupata dal faggio, la fascia inferiore è costituita calla
pecceta e nella piana, infine, si stendono i prati. Il Bosco del Cansiglio, ricco ed esteso, è straordinariamente importante per la sua unicità, che merita, senza alcun dubbio, una conservazione gelosa da parte di tutti.
La Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e il Veneto hanno giurisdizione sul territorio e, per la sua gestione, devono raggiungere l’armonizzazione e l’equilibrio degli intenti e delle procedure. La dorsale orientale, amministrata dal Friuli-Venezia Giulia e corrispondente a circa un quarto della superficie totale, presenta aspetti geologici di notevole interesse: vi si trovano un gran numero di doline e una superficie molto accidentata e tormentata dagli agenti meteorici.
Gli inghiottitoi, più o meno evidenti, superano la sessantina: vi si distingue la voragine detta Bus de la Lum, che s’inabissa verticalmente per oltre 225 m.
Nel territorio di sua competenza, il Friuli-Venezia Giulia ha istituito tre Riserve naturali integrali, facilmente raggiungibili: la maggiore, quella di Croseraz-Val Bona, verso nord-est, comprende diverse specie e associazioni: abieti-faggeta, faggeta montana, faggeta subalpina.
Particolarmente bella ed equilibrata la piccola Riserva del Col Piova, caratterizzata dalla mescolanza di abeti bianchi e di faggi; la terza Riserva, Pian de Stele, comprende invece quasi unicamente il consorzio di abete bianco e di abete rosso.
Sono state inoltre considerate Riserve idrologiche alcune rare “fontane'” e Riserve geologiche talune doline con pozzo.
Anche l’Azienda di Stato per le Foreste Demaniali, che ha competenza sul rimanente territorio, ha istituito due riserve: l’una, a sud-ovest (Piale Longhe-Millifret), è Riserva integrale, come quelle ricordate; è lasciata, cioè, del tutto a se stessa.
L’altra Riserva. molto estesa (Pian di Landro-Baldassare), a nord-est, è del tipo, invece, “orientato”.
Degna di lode è l’idea di chi ha voluto aprire, ai margini settentrionali del Piano di Cansiglio, il Museo Ecologico G . Zanardo, che offre molti elementi utili alla comprensione del Cansiglio e dei vari suoi aspetti: vi sono illustrate e documentate le vicende geologiche, con disegni e reperti fossili; i valori floristici e faunistici con fotografie, con grafici e con un buon numero di animali conservati e imbalsamati, da cui si ricava un’immagine approssimativa della grande varietà di fauna che il bosco ospita.
Non pochi ettari, per lo più di bosco, attorno al museo sono recintati e non è difficile scorgere e invitare al cibo i daini più coraggiosi che si lasciano avvicinare; pare che ce ne siano centocinquanta. Alla sera
poi, quando i visitatori (ed è consolante la presenza di tante scolaresche) hanno lasciato il museo, e il freddo e l’umidità rendono deserto il piano, risuona il bramito irrequieto del cervo che esce dal bosco a brucare.
Il Cansiglio può essere dunque occasione per l’esercizio ragionato e cosciente d’un rispetto che la natura esige sempre più dall’uomo: ma può anche favorire la diffusione di quell’alone di poesia o d’irrazionalità legato al fascino della natura “intatta”. È un mito che sa di ricerca dell’innocenza ingenua, della selvaggia incoltura, che si può tradurre in una conoscenza della realtà naturale e in una forma di consapevolezza dei valori che, sempre, la natura propone.
Occorre sapere, però, che quell’equilibrio naturale, come quella bellezza che rapisce, sono effetto anche d’una calcolatissima e lunga azione che fa capo all’uomo. Non si vuole semplicemente esaltare l’azione dell’uomo rispetto alla vita selvaggia della natura (esiste anche una barbarie umana, purtroppo)
ma riconoscerne l’indispensabile apporto, perché quella natura, apparentemente primitiva o incontaminata, sia conservata e orientata sempre meglio.
Il Bosco del Cansiglio è testimonianza eloquente di quest’azione, sia nella protezione di certi fenomeni o monumenti naturali, sia soprattutto nell’intervento diuturno e intelligente in favore degli elementi più deboli o più esposti, come anche nella potenziale carica educativa che quanto viene fatto per il Cansiglio giovi all’individuo e alla società.
e ancora da vedere:
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le Dolomiti Orientali e Bellunesi
Antelao (BL).
Situato nelle Dolomiti Orientali, è un massiccio compatto, intercalato da profondi valloni d’erosione, posto tra le valli d’Oten e del Bòite.
A nord è separato dal Gruppo del Sorapis-Bel Pra dalla Forcella Piccola. Verso sud, la grande piramide della cima dell’Antelao (3.263 m) domina le Prealpi Bellunesi che digradano
verso la piana di Vittorio Veneto.
L’Antelao ha le dimensioni di un plesso monolitico di dolomia principale caratterizzato da banconi inclinati a nord e da ardite cenge. Il cocuzzolo di vetta è costituito da calcari.
Nei canaloni rivolti a settentrione, si annidano alcuni piccoli ghiacciai appartenenti al bacino dell’Oten. Il più vasto è il Ghiacciaio dell’Antelao, diviso da uno spallone di roccia in due parti: Ghiacciaio Inferiore e Ghiacciaio Superiore, entrambi alimentati da neve di valanga.
Campanile della Val Montanaia (PN).
Strano, mostruoso, questo pinnacolo svetta isolato nell’emiciclo della Val Montanaia, che si affaccia sulla pittoresca Val Cimoliana.
A chi si addentra in questa Valle, percorrendo una strada alquanto impegnativa, il Campanile appare già a notevole distanza come un indice aguzzo in un ambiente montano che ostenta affascinanti vedute e notevoli pregi naturalistici.
La Val Montanaia è accessibile da sud, passando dal Rifugio Pordenone (1.249 m)> ” da nord, giungendo dal RifugioPadova (1.278 m) e valicando la Forcella Montanaia oppure la Forcella del Campanile.
La Val Montanaia è al centro di un’area in cui crescono interessanti specie di flora endemica: ma l’occhio è irresistibilmente attratto da quella guglia che si alza per circa 200 m sul fondo ghiaioso.
Dolomiti Bellunesi (BL).
Sorgono sulla, destra del Piave, tra Longarone e Feltre. La zona, che s’incentra nelle valli Belluna, del Mis e del Cordèvole, conserva un ambiente naturale pressoché intatto.
Fortemente suggestivo l’aspro Canale del Mis, scavato come un canyon nella gran massa calcareo-dolomitica del M. Pizzon, e oggi, purtroppo, in parte deturpato da un lago artificiale.
Le Dolomiti Bellunesi presentano alle varie altitudini tutte le specie arboree ed erbacee delle Prealpi e delle Alpi Orientali, con imponenti fioriture di erica carnea in alcune zone più aride e più protette dai venti
del nord. Anche la fauna stanziale vi è ben rappresentata con numerose specie.
Qui l’Azienda di Stato per le Foreste Demaniali ha acquistato 17.000 ha di montagne intatte destinate a costituire il Parco nazionale delle Dolomiti Bellunesi.
Monte Civetta (BL).
Situato a cavallo tra la Valle di Zoldo e l’Agordino, si erge con i suoi contrafforti a sud della media
Valle de] Cordèvole, ed è uno dei massicci più delineati e compatti delle Dolomiti Orientali.
Il nodo centrale riunisce le cime più elevate: la Civetta (3.220 m) e la Piccola Civetta (3.207 m), mentre la diramazione settentrionale allinea una serie di torrioni massicci, di grande bellezza perché isolati tra loro da profonde forcelle che formano un paesaggio tra i più imponenti delle Dolomiti.
Di singolare bellezza, la parete settentrionale della Civetta, detta “parete delle pareti”, un’immane muraglia a picco che si erge per 1.000m con un unico balzo dalla Val Civetta, e che, nei tramonti estivi, si colora di un rosso acceso.
L a vegetazione della zona è costituita da boscaglie di pini mughi, da radi larici e da pascoli d’alta quota; la fauna, scomparsi da tempo i camosci, è rappresentata soprattutto da caprioli, ma recentemente sono
state avvistate anche alcune aquile.
Riserva naturale del Prescudin (PN).
È una Riserva naturale orientata, di 1.670 ha, istituita per lo studio degli aspetti idraulici, climatologici, geologici e biologici di questa zona.
È situata nella bassa Valle del Torrente Prescudin, che si estende per circa 17 km^ e che è raggiungibile staccandosi dalla S.S. n. 251 e percorrendo una comoda strada che porta nel cuore della valle.
Il bacino del Prescudin è circondato da alte vette (M. Messer, 2.231 m, Crep Nudo, 2.207 m), che offrono numerose opportunità di ascensioni.
Val Talagona (BL).
Copre una superfìcie di 24,70 km^ e si apre, tra altissime pareti rocciose scavate dall’erosione del ghiacciaio, in una conca, simile a un anfiteatro, ammantata, per lo più, di larici e abeti rossi. Il fascino di questa zona solitaria consiste soprattutto nel netto contrasto fra i boschi e i pascoli della Valle e le nude ripide pareti circostanti; la cerchia terminale è chiusa dal muraglione settentrionale del M. Cridola, dai Monfalconi di Forni, di Cimoliana e di Montanaia, irti di torri e di guglie, dagli Spalti di Toro con la Cima Toro, la Punta Pia, la Pala Grande, il Campanile Toro, il Castellato, la Torre di S. Lorenzo che si elevano imponenti e frastagliati dai boschi di abeti.
La Valle, in cui si possono incontrare caprioli, camosci, lepri, volpi e martore, è raggiungibile da Domegge di Cadore.