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L’Isola di San Pietro

Un angolo di paradiso, gioiello della costa sarda

Si può dire che non vi sia zona del Mediterraneo, tra la costa dell’Asia Minore e quelle italiane, che non si vanti di avere avuto come ospite, sia pure fugacemente, san Pietro, il principe degli Apostoli. Sembra
che, solo in Italia, le località dedicate all’Apostolo siano ben 642 . Tra queste va messa l’Isola di S. Pietro e l’Apostolo dovrebbe essere felice dell’offerta di quest’Isola alla sua memoria.

Il santo-pescatore di Cafarnao si sarebbe certamente trovato a proprio agio tra i pescatori dell’Isola e avrebbe guardato con soddisfazione il mare che la circonda — ancora ricchissimo di pesci e di aragoste —, dove sono rimaste, superstiti, le più redditizie tonnare del Mediterraneo.

L’Isola di S. Pietro si trova sul 39° parallelo: una posizione che, nel 1899, fece scegliere Carloforte — l’unico comune dell’Isola — quale sede di una delle sei stazioni astronomiche create dalla Commissione Geodetica Internazionale per lo studio della migrazione del polo terrestre, che vari a continuamente. Più semplicemente, si può dire che l’Isola è situata di fronte a Carbonia sulla costa sud-occidentale della Sardegna.

Non c’è dubbio che sia stata abitata anticamente, perché, accanto a Punta Nera, è stata rinvenuta una grotta sepolcrale risalente al Neolitico. Inoltre, era ben nota ai navigatori. I Cartaginesi la conoscevano come Hieracum. I Romani la chiamavano Accipitrum Insula, isola degli sparvieri.

Cosi dovette vederla l’Apostolo che vi trovò rifugio, secondo una tradizione popolare, quando la sua barca fu sorpresa dalla tempesta proprio lungo questo tratto della costa sarda.
Tuttavia, l’Isola rimase deserta per secoli e secoli fino a quando, nel 1737, i discendenti dei Liguri — originari di Pegli —, emigrati intorno al Cinquecento nell’isola tunisina di Tabarca, non chiesero ospitalità a Carlo Emanuele III.

Il primo nucleo di Pegliesi sull’Isola di S. Pietro fu rinsanguato da altri profughi nel 1741 e nel 1750. Carlo Emanuele III , infatti, aveva provveduto a riscattare dalla schiavitù i Liguri che non erano riusciti a fuggire nel 1737 e che erano stati fatti, in seguito, prigionieri dai soldati del bey di Tunisi.
Per gratitudine verso il sovrano sabaudo, la capitale — e unica cittadina — dell’Isola fu chiamata Carloforte.

L’Isola , nel corso dei secoli, non ha mai avuto altri centri abitati, oltre a Carloforte. Dei 7.332 (dato non aggiornato)  abitanti che l’ultimo censimento ha accertato sui 50 km^ dell’Isola, 7.275 hanno casa a Carloforte, anche se, poi, lavorano come marinai o come pescatori, passando più tempo in mare che a terra.

Questa, del resto, è una caratteristica che fa di S. Pietro un angolo particolare del mondo socio-economico della Sardegna. I Sardi, per tradizione, sono agricoltori e pastori, abituati a vivere distanti dal
mare perché, proprio dal mare, sono sempre venute le invasioni straniere e le incursioni piratesche.

I Sampietrini, invece, ancora Liguri nello spirito e nelle tradizioni, vivono esclusivamente dei prodotti del mare. Intorno al capo della Punta hanno installato tre tonnare — quelle di Porto Paglia, di Portoscuso e dell’Isola Piana, la più importante —, che sono tra le maggiormente produttive e vaste del Mediterraneo; lungo la costa occidentale si pesca in abbondanza l’aragosta; a sud di Carloforte, appena fuori dell’abitato, si stende una notevole salina.  Il mare, quindi, è sfruttato secondo una precisa pianificazione.

“Da qualche anno”, inoltre, è cominciato anche lo sviluppo turistico delle spiagge isolate, silenziose, stupende e del mare che non ha ancora conosciuto le insidie dell’inquinamento. Nuovi e confortevoli alberghi sono sorti a Carloforte e sulla spiaggia della Caletta, protetta da Punta Spalmatore; qui, nascosto dagli alberi, è stato organizzato anche un campeggio, mentre a poca distanza da Punta delle Colonne si trova un ostello per i giovani.

Chi ama il mare, poi — un mare che è soltanto riposo —, trova anche altre spiagge sabbiose o scogliere accessibili a Capo Sàndalo e alla Punta delle Oche.
Queste iniziative, però, non hanno snaturato l’ambiente; S. Pietro rimane ancora un’ isola affascinante, ricchissima di bellezze naturali e di rarità floristiche e faunistiche di notevole interesse.

Insieme con l a vicina Isola di S. Antioco e una fetta della costa sarda occidentale, anche S. Pietro è di origine vulcanica; ma con due rarità geologiche. Nella parte più settentrionale, lungo le pendici di Monte Guardia dei Mori (211 m) e sulle scogliere che precipitano tra l a Punta e Cala Fico, sono diffuse, per esempio, le commenditi, formazioni di magma consolidato e di colore vario, quasi sempre tendente al chiaro.

Queste striature danno al paesaggio deserto di questa parte dell’Isola una fisionomia particolarmente ruvida. Chi si avventura (naturalmente a piedi, perché S. Pietro dispone di due sole strade degne di questo nome, gli altri sono solo sentieri) in questo paesaggio in cui la pietra pare consolidata nelle forme più diverse può comprendere che cosa sia, in realtà, una “natura selvaggia” e che cosa significhi la solitudine.

Un’altra rarità geologica è costituita dai globoidi, grandi sfere con un diametro che può raggiungere anche i 20 m e che si trovano nelle rocce eruttive di Cala Lunga. Si tratta di un fenomeno verificatosi nel magma caldo, non ancora consolidato, e che non è molto diffuso in altre isole che hanno la stessa origine vulcanica.

Non rarità geologica, ma straordinario fenomeno di erosione millenaria — paragonabile a quello della Monument Valley dell’Arizona — sono le grandi colonne trachitiche, che sembrano sostenere il cielo alla Punta delle Colonne, sul vertice meridionale dell’Isola.

I  viaggiatore che si avvicini all’Isola a bordo delle navi traghetto che partono da S. Antioco e da Portovesme — la Sardegna è a circa 7 km di distanza e la traversata dura quarantacinque minuti — scorge, arrivando, l’aspetto più dolce di S. Pietro.

Tutta la costa orientale, infatti, appare come una massa piatta, tabulare, chiara. Poi, avvicinandosi sempre più, si accorge che le case non hanno il candore abbacinante di certa architettura sarda, ma i colori caldi, accostati a contrasto, che hanno conservato certi paesi della Liguria.  E si rende conto che S. Pietro è un microcosmo solo casualmente legato alla Sardegna.

Il viaggiatore dovrebbe, poi, partendo da Carloforte, percorrere i l perimetro dell’Isola con una barca. Vedrebbe che S. Pietro, a parte l’iniziale impressione di dolcezza, è, invece, un’isola aspra. Le altre coste appaiono come una parete inaccessibile di roccia scura, che raggiunge i 130 m, e strapiombante a picco sul mare che la flagella con ondate impetuose.

Lungo la falesia si aprono grotte bellissime nella loro nudità ; angoli di mare immobile e trasparente dove l’acqua, secondo la posizione del sole, assume colorazioni straordinarie. Chi visita l’Isola dall’interno, seguendo le due strade principali — quella che unisce Carloforte alla Punta e alla Caletta e quella che dalle saline si inerpica fin sulla Montagna di Ravenna (192 m) per diramarsi poi verso Cala Fico e verso Capo Sàndalo —, trova i l miglior belvedere per ammirare il gioco tormentoso delle onde contro la scogliera, nell’orrido di Sàndalo, nato dallo sventramento di un probabile camino vulcanico.

Una passeggiata all’interno di S. Pietro, inoltre, consente di odorare gli intensi e svariati profumi della tipica macchia mediterranea, quali si ritrovano in certi angoli della Provenza, della Corsica e della Liguria . Infatti, si è conservata quasi intatta sulla piccola Isola sarda, proprio per la secolare disabitazione.

Cosi fioriscono il rosmarino dal profumo piccante, il rustico ginepro, la dorata ginestra, il mirto che copre di fiori candidi le siepi nei mesi estivi, i l lillatro; e cresce spontanea un’incantevole distesa di pini che la brezza marina ha piegato dolcemente, quasi volesse avvicinarli al suolo.

Anche se si crede scomparso il ginepro coccolone — si racconta che fosse alto fino a venti metri —, è rimasta viva una pianticella rarissima, la Nananthea per pusilla, che sboccia a febbraio e ricorda, nella forma, una margherita di minuscole dimensioni. Meno rare sono l’anagallide (che a S. Pietro dà fiori di un bel rosso-arancione, invece del solito blu) e la lavatera, che alligna nei prati che respirano salsedine, dando grossi fiori, assai simili a quelli dell’esotico ibisco, di un tenero colore bianco-rosa.

Non bene come la flora, si è conservata la fauna. Ed è comprensibile, perché molti degli animali scomparsi erano commestibili. Cosi non si trovano più esemplari di capriol i , daini e cervi che anticamente esistevano in abbondanza. Hanno, invece, resistito a ogni insidia, riproducendosi rapidamente, i conigli selvatici, ancora oggi numerosissimi.

Sono ancora abbondanti i rettili — il biacco, il gongilo, l’algiroide e la lucertola sicula —, gli anfibi, tra i quali la rana e la raganella, e gli uccelli che hanno potuto costruire il loro nido negli anfratti della scogliera, lontano dalle tentazioni.

Nel cielo di S. Pietro volano ancora i saettanti gabbiani, i cormorani neri, le berte maggiori, i grandi e maestosi falchi della regina, le minuscole passere solitarie. E nelle acque della vasta caverna del Bue Marino, aperta nella scogliera tra Cala Mezzaluna e Punta Spalmatore, compaiono ogni anno in settembre, all’epoca della riproduzione, le misteriose foche monache, ormai rarissime e in via di estinzione e che solo qualche pescatore attento riesce a scorgere.

La rarità più bella e interessante di S. Pietro, comunque, è un piccolo coleottero che vive superstite solo su quest’Isola e che fa gola a troppi collezionisti per sopravvivere. È la cicindela campestre safirina, cosi
detta per il suo colore brillante viola-azzurro, chiamata anche “tigre insidiata” per la spietata abilità che ha nel catturare, con le mandibole aguzze, i minuscoli molluschi, i piccolissimi crostacei e le pulci di mare che
trova nella sabbia. Tanto feroce e così bella a vedersi, anche questa “tigre” non sembra avere molte speranze di un lungo futuro.

…e ancora da vedere: scogliere, foreste, grotte

Campidano (CA-OR).

Tra il Golfo di Oristano e quello di Cagliari si stende la più vasta pianura della Sardegna (un’area di 100 km per 15). Si tratta di una zona che offre scorci molto suggestivi e spesso sorprendenti. Dolci, morbidi rilievi interrompono qua e là questa piana, che altrimenti si adagia a perdita d’occhio su un terreno riarso.

D’estate, il paesaggio si tinge di un color giallo-bruciato, cui fa da contrasto solo il verde intenso dei
boschi. L’unico rumore che si sente è quello del vento che modella, con la sua forza, gli alberi che appaiono piegati e contorti.

Capo Spartivento (CA).

È facilmente raggiungibile da Cagliari, percorrendo la strada costiera per circa 50 km.
Questo Capo può essere considerato la punta estrema della dorsale che scende dal M . is Caràvius e rappresenta il naturale confine occidentale del grande Golfo di Cagliari.

Di formazione granitica, è ricoperto da una bella, fìtta macchia in cui trovano rifugio molte specie tipiche
di uccelli. Tutt’intorno la costa è frastagliatissima e ospita al suo interno piccoli stagni quasi inesplorati .

Cascata Spendula (CA).

Dalla cittadina di Villacidro — alle falde del M . Linas — una breve piacevole passeggiata porta a questa che è l’unica cascata sarda.
In un ambiente affascinante, l’acqua precipita in una profonda gola disseminata di oleandri. Le rocce aspre e accidentate conferiscono al paesaggio un aspetto cupo e selvaggio e l’effetto è tanto maggiore quanto più le piogge fanno aumentare la quantità e il fragore dell’acqua.

Complesso Montano del Marganai (CA).

Il Complesso del Marganai si leva tra Iglesias e Domusnovas, per circa 10 km^.
Dall’alto di questo massiccio calcareo — che digrada con pendici fortemente inclinate — si gode la vista della Piana del Cixerri, da Iglesias fino al Campidano di Cagliari; dal basso, esso si presenta come un magnifico e poderoso contrafforte.

Maestosi i boschi di querce e di lecci che lo ricoprono e interessante il patrimonio faunistico, soprattutto per la presenza di cinghiali e di gatti selvatici.

Costa da Marina di Arbus a Nèbida (CA).

Vario e movimentato è il paesaggio di questa fascia costiera: il tratto a nord è caratterizzato, vicino al
mare, da distese bianchissime di dune sabbiose. La macchia mediterranea cede il posto, all’interno, a boschi di leccio e di sughera e a distese di oleandri.
Il tratto meridionale presenta forse un paesaggio maggiormente drammatico: strapiombi e precipizi sul mare molto suggestivi, coste alte, cale e costoni veramente pittoreschi. In questo lembo di terra primitivo e incontaminato, i gabbiani, in gran numero, costruiscono i loro nidi.

Isola San PIETRO – 8

Costa da Torre Mortorio a Villasimius (CA).

È attraversata da circa 30 km di strada per lo più tortuosa che, in qualche tratto, è quasi al livello del
mare, mentre altrove sale fino a costeggiare alti strapiombi.
Il litorale, molto vario, è costituito da un susseguirsi di accoglienti spiaggette e coste a
precipizio, arricchito da folte distese di lecci e di olivastri. I cinghiali e qualche bellissimo esemplare di cervo sardo popolano questo angolo di paradiso.

Foresta di Orbai (CA).

Si trova nelle vicinanze del comune di Villamassargia, 10 km a sud est del centro di Iglesias, e copre
una superficie di 1.000 ha circa.
Su un terreno di natura calcarea cresce la macchia mediterranea e i lecci svettano eleganti. Di particolare interesse, lungo la strada di accesso da Villamassargia, le numerose formazioni a cono di origine vulcanica, su una delle quali ci sono i ruderi di un antico castello.
Per quanto riguarda la fauna, sono presenti numerosi esemplari di cinghiali e altre specie della normale selvaggina sarda.

Foresta Montarbu di Seui (NU).

L a foresta gravita intorno al centro di Seui su un’area di circa 1.600 ha.
È un insieme di stupendi lecceti che si ergono tra rocce calcaree stratificate in senso orizzontale, di non comune bellezza dal punto di vista geomorfologico. È molto ben conservata, forse una delle zone più intatte dell’intera Sardegna. Il suo interesse floristico e faunistico è elevato e ne fa un complesso
meritevole di conservazione.

Foresta Sette Fratelli (CA).

Il complesso montano dei Sette Fratelli si erge a pochi chilometri da Cagliari e da Quartu S. Elena su un’area di 46 km^. È qui la bellissima Foresta di lecci e sughere. Misteriosa e ricca di fascino, la si può esplorare solo percorrendo strade tortuose. Tra picchi rocciosi, strapiombi e mirabili incisioni fluviali, il
visitatore viene assalito dal profumo degli oleandri e la sua attenzione è richiamata dalla vista di rari cervi sardi.

Grotta su Màrmuri (NU).

Partendo da Cagliari o da Nuoro e portandosi fino al piccolo centro di Ulassai, dopo 3 km di strada, si arriva alla Grotta. L’esterno — che si apre sul basalto — non lascia immaginare la grandiosità dell’interno, che coglie perciò di sorpresa il visitatore. Lo spettacolo è davvero eccezionale: un enorme baratro dalle ripide pareti ospita sul fondo una stalagmite di dimensIoni gigantesche. Ovunque, poi, nella Grotta si osservano bizzarre stalattiti e stalagmiti.

Porto Pino (CA).

Il promontorio di Porto Pino è ubicato all’estremo limite sud del Golfo di Palmas.
Si presenta con un alternarsi di rive rocciose e frastagliate nel tratto sud, mentre il lato nord è fasciato di sabbia bianchissima. Circondato da stagni, lagune e peschiere, è rivestito da una rigogliosa pineta spontanea di pino d’Aleppo. È questo un patrimonio vegetazionale di notevole importanza, che annovera specie rare e degne di protezione. In questo luogo sostano numerosi i fenicotteri.

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