Svizzera Sette anni a Davos
Svizzera SETTE ANNI A DAVOS
Tanto vi soggiorna l’Hans Castorp de La montagna incantata di Mann: non malato, ma sedotto dalla natura (e dai lussi) della cittadina dei Grigioni.
Una tentazione che resta fortissima anche oggi…
TESTO DI VIRGILIO ZANOLLA – FOTOGRAFIE DI LIVIO PIATTA Rivista BELL’EUROPA
Poche località turistiche in Europa possono vantare le qualità, il prestigio e i primati di Davos. L’elegante cittadina dei Grigioni, posta a 1.562 metri d’altitudine, divisa tra Davos Dorf e Davos Platz e affacciata sulle acque tranquille del piccolo lago a cui dà il nome, il Davoser See, è località di villeggiatura, sport e congressi: la più grande delle Alpi e la più antica della Svizzera, nonché uno dei centri urbani più alti d’Europa.
Quest’antico villaggio fondato dai Walser verso la metà del Duecento ebbe per secoli una storia piuttosto anonima. Tutto cambiò dal 1853, quando venne a vivervi il medico tedesco Alexander Spengler (1827-1901), il quale, dopo aver studiato i benefici dell’aria locale nella cura delle affezioni polmonari, promosse Davos come stazione climatica fondando nel 1868 un sanatorio in società con l’olandese Willem Jan Holsboer (1834-98).
Fu Holsboer a costruire i primi alberghi e a realizzare, tra 1884 e 1890, il collegamento ferroviario Landquart-Davos che dette un impulso decisivo al turismo. Il figlio di Spengler, Carl (1860-1937), che diresse il sanatorio dopo di lui, nacque e morì a Davos: oltre a distinguersi come scienziato e medico, fu grande appassionato di sport e fondò nel 1923 la Spengler Cup, torneo internazionale di hockey su ghiaccio tra i più importanti del mondo, che tuttora si tiene qui.
Nel sanatorio Spengler-Holsboer, e nella dozzina d’altri che presto sorsero nei dintorni, tra Platz, Clavadel e Frauenkirch, si curarono malati illustri: lo scrittore Robert Louis Stevenson (1881-82), il pittore Ernst Ludwig Kirchner (1917), poeti come l’inglese John Addington Symonds (1877-86), il portoghese Antonio Nobre (1895) e, negli anni 1913-14, il francese Paul Eugène Grindel, più noto come Paul Éluard.
Eleganti e asettiche, le case di cura favorivano molteplici incontri: nei loro ambienti ovattati la vita scorreva con un ritmo assai più lento del normale, in quell’Europa avviata ormai verso la Prima guerra mondiale.
Sdraiati su comode chaise longue – le famose Davoser Liege – lungo i panoramici balconi per la cura dell’aria, i malati non avevano di meglio da fare che discutere di arte, letteratura o politica, e, talvolta, intrecciare dei flirt.
Nel suo soggiorno in sanatorio Éluard (allora appena diciassettenne) conobbe la russa Helena Diakonova, detta Gala, che sposò l’anno dopo e che fu sua moglie fino al 1931 (diverrà poi consorte e musa di Salvador Dali).
La precaria salute delle rispettive spose portò sul luogo anche due altri celebri scrittori: l’inglese sir Arthur Conan Doyle, il “padre” di Sherlock Holmes, e il tedesco Thomas Mann. Il primo, che frequentò Davos dal 1893 al 1906, fu conquistato alla pratica dello sci da un pioniere del fondo, Tobias Branger: e si appassionò così tanto a questo sport da trascurare per esso la consorte che era venuto ad accompagnare.
Mann vi fu nel 1912: e se vi concepì il grande romanzo La montagna incantata (1924), non è meno vero che resistette là meno di un mese. Il paradosso del protagonista del suo libro, Hans Castorp, che giunge a Davos sano e lì si ammala, cela un risvolto autobiografico: infatti un medico che esaminò lo scrittore gli insinuò il dubbio d’un piccolo focolaio infettivo, sicché Mann capì l’antifona e fece le valigie.
Debellata la tubercolosi, oggi quei sanatori sono quasi tutti divenuti alberghi o centri di ricerca medica. È successo anche allo Schatzalp, suggestivo edificio Jugendstil fatto erigere da Holsboer tra 1898 e 1900, a cui guardò Mann per immaginare gli interni del suo sanatorio internazionale Berghof.
Posto su un balcone soleggiato che domina il paese, tra Platz e Clavadel, all’imbocco della bellissima Sertigtal, lo Schatzalp è un hotel dal 1954, e verrà presto dotato di un’ambiziosa torre ideata dagli architetti Herzog & de Meuron: con un referendum, il 31 ottobre la popola zione di Davos ha infatti dato il benestare alla modifica del piano urbanistico della valle.
Mentre l’ultimo sanatorio rimasto, la clinica Valbella, che ispirò a Mann gli esterni del Berghof, ha appena chiuso i battenti: costruita nel 1898 e passata nel tempo da 200 a 120 camere, aveva da troppi anni penuria di clienti.
Quasi contemporaneamente al sorgere della stazione climatica, Davos si sviluppò anche come centro sportivo: fu qui che la disciplina dello sci prese piede per la prima volta sul suolo svizzero. Per muoversi sulla neve già il dottor Spengler soleva usare dei “legni” sul tipo di quelli lapponi: il locale Wintersportmuseum (Museo degli sport invernali) ne conserva un suo paio del 1873.
Fu il tedesco Wilhelm Pauicke, nel 1884, a portare a Davos il primo vero paio di sci nordici: ne modificò l’attacco a giunco con una tavoletta dove introdurre la scarpa. Nel 1899 il citato Conan Doyle scrisse un lusinghiero articolo sulla pratica di questa disciplina a Davos.
Fu un contributo decisivo alla trasformazione dello sci in sport alla moda: a Davos, una targa ringrazia il “papà” di Sherlock Holmes “per aver portato il nuovo sport e le attrazioni delle Alpi svizzere all’attenzione del mondo”.
Da allora, in pochi decenni, la cittadina si trasformò in un Eldorado degli sport invernali: il primo skilift del mondo fu costruito qui nel 1932. Oggi, “geniale mescolanza tra piccola città e paese romantico” (le parole sono del direttore dell’ufficio turistico, Armin Egger), Davos vanta 320 km di piste da sci (con la più moderna funicolare del mondo), 75 km di piste da fondo, 450 km di sentieri per escursionisti, 2 piste di ghiaccio artificiale e la più grande pista di ghiaccio naturale d’Europa.
Con sci, pattinaggio e curling si è affermata fin dall’Ottocento anche la slitta, seguita nel tempo dall’hockey, dallo snowboard, dal deltaplano e dal parapendio, nonché dai molti sport acquatici che in estate si possono praticare sul lago.
Davos offre però anche altre attrattive. Oltre ai sei musei, ha un magnifico Centro congressi (1969), il più vasto e moderno dell’intero arco alpino: punto d’incontro per convegni internazionali di varia natura, ha ospitato nel 1998 il Forum mondiale dell’economia e personaggi del calibro di Kissinger, Clinton, Rabin e Bill Gates. •
Davos e Mann: in 700 pagine l’invenzione delle Alpi deluxe
Apparso nel 1924 (edito in Italia da Corbaccio) La montagna incantata è uno dei capolavori di Thomas Mann. Doveva essere una novella; finì con l’assorbire il suo autore per 12 anni, fino a diventare un grande romanzo d’idee.
La trama: nel 1907 il giovane amburghese Hans Castorp giunge a Davos per rivede re il cugino tubercolotico ricoverato nel sanatorio internazionale Berghof e passare con lui tre settimane di relax. Ma il microcosmo del sanatorio, limitato ma profondamente simbolico – allegoria dell’alta borghesia europea al tramonto della Belle Epoque – lo indurrà a fermarsi sette anni. Lo scoppio della guerra nel 1914 lo ridesterà dal sogno: Castorp lascerà il sanatorio per arruolarsi e finire su un campo di battaglia.
Dal libro la vita mondana – e l’efficacia curativa – di Davos uscivano malconce, malgrado lo stesso Mann dichiarasse che Der Zauberberg “si poteva considerare solo molto alla lontana un romanzo su Davos”. Vero 0 no. La montagna incantata – con le magnifiche descrizioni della natura dei Grigioni – ha guadagnato alla cittadina un posto imperituro nella letteratura mondiale.
— Virgilio Zanella