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Dolomiti del Brenta Cattedrali di roccia

Aspre montagne di calcare e dolomia s’innalzano poco a nord del Lago di Garda.
Una fantastica settimana in cammino attorno e dentro il gruppo delle Dolomiti del Brenta. Tra verdi vallate, panorami mozzafiato, rifugi accoglienti e passaggi di roccia da affrontare
in tutta sicurezza.
Testo di Tullio Bernabei • Foto Archivio Bernabei Rivista PleinAir

In cammino sulla sponda del Lago Nero, in alta Val Nambrone; nel dettaglio, in discesa lungo la via ferrata Castiglioni, che collega i rifugi Agostini e Dodici Apostoli.

Tutti i grandi e famosi gruppi dolomitici si trovano a est della Val d’Adige. Il massiccio del Brenta si sviluppa invece a occidente per quasi trenta chilometri, fieramente compatto e solitario, proprio di fronte all’Adamello e non lontano da Presanella, Ortles e Cevedale. Montagne granitiche con cui ben poco hanno a che fare quelle rocce di origine sedimentaria che il tempo ha modellato in forme meravigliose.

Le Dolomiti del Brenta sono lì, bellissime e isolate, circondate quasi interamente dalle Valli Giudicarle : la Val Rendena a ovest, il bacino del fiume Sarca a sud, la valle di Molveno e del suo omonimo lago a est. A nord, infine, il Brenta si affaccia al confine tra Val di Sole e Val di Non.
Questo relativo isolamento rende ancora più straordinari i paesaggi che si offrono a chi voglia scoprire il Brenta a piedi, camminandoci attorno o avventurandosi al suo interno.
Grostè, Castelletto, Brenta Alta, Tosa, Campanile Alto e Basso, Torre di Brenta, Falkner, Ambiez: sono tutte montagne uniche, da qualunque prospettiva le si guardi.

Dal sentiero che corre sopra il Lago Nambino lo sguardo spazia sull’intero gruppo del Brenta; nel dettaglio, riflessi sull’acqua attorno al Lago Serodoli (qui sotto, un passaggio sul piccolo sbarramento dove scorre l’emissario di quest’ultimo).

La nostra proposta prevede più tappe, adatte a tutti, per osservare il massiccio sia da lontano, camminando lungo le montagne a ovest, sia al suo interno percorrendo itinerari che collegano vari rifugi. Grazie alla rete sentieristica sviluppata e ben tenuta i monti sono accessibili da ogni versante, ma l’approccio più logico e storicamente utilizzato è da Madonna di Campiglio.

UN SALTO AL LAGO NERO Val Nambrone Tempo richiesto: una giornata Esiste un altro Lago Nero, più grande e famoso di quello che abbiamo appena conosciuto: in particolari condizioni le sue acque riflettono le Dolomiti del Brenta regalando immagini indimenticabili. Per arrivarci bisogna risalire la Val Nambrone lungo una sterrata che giunge fino a oltre quota 2.000, raggiungendo il Rifugio Cornisello (2.120 m). Attenzione però: dopo Malga Nambrone la carreggiata diventa molto stretta e non è consigliabile per i camper. L’alternativa è una salita a piedi di quasi tre ore, attraverso ambienti comunque molto belli. Dal rifugio il lago che ci interessa dista appena trenta minuti (2.220 m). Arrivati sul posto è difficile resistere alla tentazione di scattare decine di fotografie, e non solo guardando il Brenta. Anche dalla parte opposta, in direzione nordovest, il Lago Nero regala incredibili riflessi delle cime granitiche che lo sovrastano.

IL BRENTA DA OVEST Campo Carlo Magno Giro dei Tre Laghi – Giro dei Cinque Laghi

Tempo richiesto: tre giorni con due pernottamenti in rifugio

I contrafforti che guardano il massiccio del Brenta da occidente fanno parte del gruppo dell’Adamello e sono caratterizzati da circhi glaciali e postglaciali, oggi occupati da almeno una quindicina di laghi di buone dimensioni. L’itinerario si può percorrere in una sola, intensa giornata; la nostra proposta, più diluita, consente di godere con calma la bellezza dei luoghi continuando a guardare il Brenta da differenti punti di vista.

Partiamo da Campo Carlo Magno (1.682 m) e attraversando il bosco del Palù della Fava arriviamo con un’ora di facile cammino al Lago Malghette (1.890 m). Dopo esserci sistemati nel rifugio omonimo possiamo decidere di compiere il giro del lago o semplicemente rilassarci attendendo il tramonto avvistando, con un po’ di fortuna, gli animali che stanno ripopolano il Parco Naturale dell’Adamello Brenta.

La mattina successiva ci muoviamo presto iniziando il cosiddetto Giro dei Tre Laghi, che attraverso il sentiero n. 267 ci porta prima al Lago Alto (2.158 m) e poi nella zona di tre specchi d’acqua ravvicinati (Tre Laghi, 2.257 m) all’interno di una bellissima conca di origine glaciale. Da qui per arrivare al nostro obiettivo, il Rifugio Viviani Pradalago (2.082 m), ci sono due possibilità. La prima è risalire il crinale fino alla Bocca dei Tre Laghi (2.515 m) e da lì continuare sul sentiero 267 (sentiero Bozzetto) passando per la Cima Zeledria e scendendo poi al rifugio: è un percorso molto panoramico ma anche un po’ esposto e presenta qualche tratto attrezzato con cavi.

La seconda è quella di tornare al Rifugio Malghette scendendo nella stessa vallata e passando a sinistra del Lago Scuro; poi dal rifugio si risalirà lungo il sentiero n. 265 fino al Viviani. In entrambi i casi dobbiamo considerare circa sei ore di cammino con un dislivello totale di almeno 700 metri.
Arrivati al Rifugio Viviani ci troviamo nel miglior punto panoramico per osservare le Dolomiti del Brenta da ovest, soprattutto nel pomeriggio e al tramonto. Anche in questa zona esiste la possibilità di avvistare marmotte, camosci, stambecchi, volpi, caprioli e magari un’aquila o, in lontananza, la sagoma schiva dell’orso bruno.

Il giorno seguente è dedicato al Giro dei Cinque Laghi, un itinerario che parte proprio da qui e termina in Val Nambino. Dal nostro rifugio saliamo brevemente su un percorso condiviso con il sentiero attrezzato Bozzetto, che abbandoniamo quasi subito sulla destra nei pressi di un bivio ben segnalato. Da qui si prosegue sul sentiero n. 226 lungo un tracciato semipianeggiante in un ambiente caratterizzato da pascoli, con una vegetazione sparsa di abeti, larici e cembri. Sotto di noi si scorge la profonda conca occupata dal Lago Nambino.

Il sentiero supera ghiaioni e frane, con la via sempre ben segnalata. Con dei saliscendi percorriamo alcuni valloncelli e poi, tra placche rocciose e macchie di prato, giungiamo in vista del Lago Serodoli (2.371 m). Il sentiero permette di aggirare sulla sinistra il lago e fermarsi su una serie di panoramici lastroni di pietra. La vista è stupenda: di fronte abbiamo i laghi Serodoli e Gelato, con colorazioni diverse pur essendo molto vicini; alle nostre spalle l’imponente Rocca di Nambron e più dietro, a sud-est, tutte le Dolomiti del Brenta.

Dal dosso scendiamo nei pressi di un piccolo sbarramento da cui escono le acque del torrente emissario e continuiamo in direzione sud-ovest lungo un tratto pianeggiante in quota: sotto di noi possiamo osservare il piccolo Lago Nero. Riprendiamo poi a salire – con pendenza non troppo marcata – lungo il sentiero n. 232. Arrivati alla sponda orientale del Lago Lambin, caratterizzato da un’acqua limpidissima (2.327 m), risaliamo per un breve tratto una valletta giungendo a un bivio: dobbiamo prendere a sinistra il sentiero n. 269 in direzione del Lago Nambino, che scorgiamo in fondo alla valle (proseguendo dritti, invece, abbiamo la possibilità di raggiungere anche il Lago Ritorto e da lì scendere a Madonna di Campiglio mediante la Funivia 5 Laghi o a piedi passando per la Malga Patascoss).

La lunga discesa nella splendida Val Nambino percorre uno dei settori quasi integri intorno a Madonna di Campiglio, che rappresenta il corridoio naturale verso il massiccio della Presanella, invisibile alle nostre spalle. L’ambiente cambia in funzione della quota: da laghi, torrenti e torbiere passiamo a brughiere alpine e praterie sino alla fitta foresta che circonda il lago Nambino. Oltre il rifugio omonimo camminiamo ancora per una quarantina di minuti nel bosco (in totale calcolare tra quattro e cinque ore di cammino) e finalmente giungiamo alla periferia di Madonna di Campiglio. Da qui con i mezzi pubblici (o anche a piedi) possiamo facilmente tornare a Campo Carlo Magno.

I torrioni della Corna Rossa visti dal sentiero che collega il Passo del Grosté al Rifugio Tuckett: sullo sfondo, il gruppo dell’Ortles-Cevedale; nel dettaglio, il sentiero che dal Grosté porta al Tuckett attraversa una zona ingombra di grandi blocchi calcarei. Nel dettaglio tondo e in basso, un passaggio in alta quota lungo la Via delle Bocchette e la risalita di una scala lungo il sentiero attrezzato Sosat (nel riquadro, il rifugio Tuckett-Sella visto dal Castelletto Inferiore).

DENTRO IL BRENTA Campo Carlo Magno Grosté – Tuckett – Brentei – Vallesinella

Tempo richiesto: due giorni con un pernottamento in rifugio

È giunto il momento di addentrarci nel mondo di roccia fatto di pareti, torri, guglie, terrazzi sospesi e creste affilate. Partiamo dal solito Campo Carlo Magno (1.682 m) e saliamo a piedi (ci vogliono quasi tre ore) o più comodamente in funivia al Passo del Grosté (2.442 m). Arrivati in alto, prima di scendere verso il Rifugio Tuckett, conviene fare un breve giro nella zona del passo per ammirare il panorama che si apre a est ed osservare il modo in cui è modellata la roccia. Qui il fenomeno carsico ha lavorato sia in superficie, creando mille forme di erosione nella dolomia, che in profondità aprendo giganteschi pozzi-frattura: normalmente sono pieni di ghiaccio, ma alcuni sono stati esplorati dagli speleologi fino a duecento metri di profondità.

Torniamo sui nostri passi dirigendoci verso il Tuckett su un sentiero molto comodo dal quale possiamo osservare, sul versante opposto, le zone dei laghi teatro del precedente itinerario. Dopo una ripida discesa entriamo in un’area di blocchi giganteschi, resti di un’antica frana. Sulla destra si staglia una catena rocciosa verticale sormontata da numerosi torrioni: è la Corna Rossa, famosa tra gli alpinisti che vi hanno aperto decine d’itinerari di arrampicata.

Passiamo sotto la grande e aggettante parete del Torrione di Vallesinella, risalendo infine verso il rifugio dove passeremo la notte. Il Tuckett (2.272 m) è un rifugio storico, situato in una splendida posizione dominata dall’imponente struttura del Castelletto Inferiore. Con un po’ di tempo a disposizione (dal Grosté si arriva qui in poco più di un’ora) vale la pena risalire la valle soprastante che porta alla Bocca di Tuckett, fino a toccare il nevaio perenne.

Il tramonto dal Tuckett, se si ha fortuna con il tempo, può riservare uno spettacolo straordinario per il colore che assumono le pareti e le cime a oriente: in particolare il Castelletto Superiore, la Cima Sella e la Cima Brenta. Viene poi il tempo della cena, delle chiacchere davanti alla stufa, delle firme sul libro del rifugio, della notte in camerata e di tutti quegli aspetti che rendono unici i soggiorni in questi luoghi.

Il giorno successivo partiamo di buon’ora dirigendoci lungo il sentiero n. 320 verso la Sella del Freddolin. Scendendo notiamo che l’ambiente di sole rocce comincia a popolarsi di vegetazione, soprattutto pino mugo e rododendri. Arrivati alla sella incrociamo il sentiero n. 318 che prendiamo a sinistra dirigendosi fino al Rifugio Brentei (2.182 m), certamente il più famoso del Brenta.

La valle è circondata da pareti immense, teatro di gloriose imprese dell’alpinismo classico. Vale la pena risalirla un poco per apprezzare i vari punti di vista e osservare torri e campanili che spiccano ovunque. Iniziamo poi a scendere lungo lo stesso percorso fino al Rifugio Casinei (1.826 m), prendendo a destra il sentiero 317B che ci permette di effettuare il magnifico giro delle Cascate di Vallesinella.

Scendiamo poco a poco in una vallata nella quale fuoriescono in più punti le limpide acque sotterranee che s’infiltrano in alto, a cominciare dai profondi pozzi frattura visti sul Passo del Grostè, dopo un percorso ipogeo ancora oggi sconosciuto. Passerelle panoramiche, ponti sospesi e scalinate in legno accompagnano la ripida discesa verso il Rifugio Vallesinella (1.512 m), punto d’arrivo del nostro itinerario. Da qui un servizio di navetta del parco che riporta a Madonna di Campiglio e quindi a Campo Carlo Magno.

LA VARIANTE SOSAT

Dal RifugioTuckett al Rifugio Brentei

Tipologia: sentiero attrezzato • Tempo di percorrenza: tre ore

II Brenta è il regno delle fer­rate: nomi come Via delle Bocchette Alte e Centrali, Benini, Brentari, Derassis rappresentano il massi­mo in questo campo, ma sono percorsi riservati ad esperti. Un assaggio può essere fatto percorrendo il sentiero attrezzato Sosat (305B), che dal Rifugio Tuckett conduce al Brentei: è una via facile che in ogni caso richiede imbracatura e attrezzatura adeguata. L’itinerario inizia a monte del rifugio e si dirige a ovest facendo un giro attorno alla massiccia struttura delle cime Mandron e Brenta. Consente di arrivare in circa tre ore al Brentei attraverso qualche passaggio esposto, compresa una scala metallica alta una ventina di metri.

II sentiero attrezzato con ponti di legno che scende lungo le Cascate di Vallesinella (nel dettaglio), verso Madonna di Campiglio. A fronte e dall’alto, il tracciato che risale la Val d’Ambiez; il rifugio Agostini, al culmine della vallata (nel riquadro, foto di gruppo al termine dell’escursione sulla Ferrata Castiglioni).

LUNGO LA VAL D’AMBIEZ Val d’Ambiez Cima Tosa-Cacciatore-Agostini

Tempo di percorrenza: due o tre giorni con una o due notti in rifugio

L’ultimo itinerario per immergersi nelle Dolomiti del Brenta parte da lontano, da sud, e risale la Val d’Ambiez sino al Rifugio Agostini consentendo un’immersione totale in ambienti selvaggi e di vera montagna. Lungo la strada da Tione a Trento, all’altezza di Comano Terme, deviamo verso il paesino di San Lorenzo in Banale (750 m). Da qui parte la lunghissima Val d’Ambiez che culmina sotto la vetta omonima e la Cima Tosa, nel cuore del massiccio.

Abbiamo due possibilità: la prima è andare a piedi lungo una pista sterrata fino al Rifugio al Cacciatore (1.821 m), impiegando circa quattro ore; la seconda è percorrere lo stesso itinerario in fuoristrada, utilizzando il servizio di trasporto privato di taxi jeep. La strada s’insinua in una gola bellissima ma molto stretta, e passarci in auto fa decisamente impressione.

 

Una volta arrivati al Cacciatore vale la pena fare una piccola deviazione per vedere il cimitero dei fossili, un affioramento di rocce ricche di testimonianze di un lontano passato. Poi si prosegue a piedi per il Rifugio Agostini (2.440 m) raggiungendolo in circa un’ora e mezzo. La posizione e la vista sono eccezionali, e l’ambiente è realmente quello del rifugio di montagna.

All’alba è facile ammirare il classico mare di nuvole nella vallata, che si dissolve con l’avanzare del giorno. Attorno al rifugio si possono effettuare varie escursioni nella vallata
superiore, contemplando la Cima d’Agola e la Cima d’Ambiez, fino ai grandi nevai che la ricoprono in modo perenne, e pro¬ vare l’arrampicata sui massi poco distanti. Una o due notti in
questo luogo sono davvero ben spese: difficilmente potremo dimenticarlo. •

LA VIA CASTIGLIONI

Dal Rifugio Agostini al Rifugio Dodici Apostoli

Tipologia: ferrata • Tempo di percorrenza: tre ore

Per chi volesse cimentarsi con una via ferrata vicina, anche se di difficoltà medio-alta, basta incamminarsi verso nord e poi prendere il sentiero per la Via Castiglioni e il Rifugio Dodici Apostoli. La ferrata risale verticalmente la parete est della Cima d’Agola attraverso lunghe scale metalliche e perfino un piccolo e tremolante ponte sospeso. Arrivati alla Bocchetta dei Due Denti (2.859 m) possiamo goderci il panorama a 360° e poi ridiscendere con calma al Rifugio Agostini, impiegando in totale circa 3 ore.

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