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Parco Nazionale dei Monti Sibillini

TRA MAGIA E NATURA

ALCUNI LO CONOSCONO come il Parco delle magie, degli stregoni, dei cavalieri medievali – primo tra tutti il Guerrin Meschino – pron­ti ad affrontare le minacciose presenze del cuore del massiccio. Altri, che hanno della montagna un’im­magine più serena e sportiva, sono familiari con queste montagne grazie ai magnifici sentieri, alle pi­ste da sci, alle pareti di roccia del Pizzo del Diavolo e ai prati dei Piani di Castelluccio che consentono decolli e atterraggi senza problemi agli appassiona­ti del parapendio e del deltaplano.

Chi preferisce la natura può ammirare gli estesissimi panorami dalle cime – dal Vettore si scorgono il Monte Amiata e il Gran Sasso, le colline del Viter­bese e il Conero -, sostare in attesa dell’apparizione dell’aquila o del falco pellegrino nel ciclo, ammira­re le straordinarie fioriture che, nella tarda prima­vera e nelle prime settimane dell’estate, colorano i Piani di Castelluccio ma anche i crinali più elevati del massiccio.

Pian Grande
Esteso per 1300 ettari a sud di Castelluccio, il Pian Grande è un fondale di un antico lago. Scomparse le acque, oggi la località si è trasformata in una vasta distesa erbosa ricca di fiorì, dai rossi papaveri alle bianche margherite, ai gialli ranuncoli .

I Sibillini, però, sono altrettanto affascinanti per chi ama soprattutto la storia. Compreso tra due impor­tanti arterie romane – la Salaria a oriente e la strada della Valnerina verso ovest -, il Parco ospita al suo interno o lungo i suoi confini centri storici di gran­de suggestione come Norcia, la patria di Santa Sco­lastica e San Benedetto, e Visso, piccolo gioiello me­dievale nell’alta Valnerina. Amandola, Montefortino, Preci, Castelsantangelo sul Nera e Arquata del Tronto meritano a loro volta una visita.

Ai piedi della monta­gna, valli riparate e si­lenziose ospitano le ab­bazie di Sant’Eutizio a Preci e di Santa Maria di Rio Sacro in territo­rio di Acquacanina, il santuario rinascimenta­le di Macereto, sugge­stive chiese campestri Santa Maria in Pantano, al cospetto dei ripidi pendii del Vetto­re. Nel cuore del massiccio, comodi e spettacolari sentieri portano agli eremi della Valle del Piastro­ne, ai crinali frequentati dagli erboristi, alle sponde del Lago di Filato dove nulla ricorda, però, le in­quietanti leggende del passato. La vicinanza del Parco ad alcuni dei più noti centri storici delle Marche e dell’Umbria è un altro motivo per visita­re i Monti Sibillini.

Lago di Pilato Monte Vettore Il “demoniaco” lago sorge al centro di una vallata glaciale ed è circondato da morene sassose. Durante l’estate la sua superficie si riduce e assume una curiosa forma a occhiale.

Ben pochi massicci italiani, insomma, meritano più dei Sibillini di essere tutelati da un Parco. Pure, nei difficili anni del secondo dopoguerra, la splendida catena che culmina nei 2476 metri del Monte Vet­tore ha subito dall’uomo ogni sorta di affronti. Ma la realizzazione di ben cinque stazioni sciistiche e di alcune delle strade sterrate di montagna più assurde e deturpanti d’Italia ha provocato una rea­zione salutare.

Più che in qualunque altro massiccio italiano, è sta­ta l’opposizione “dal basso” di escursionisti, am­bientalisti e alpinisti a fermare le betoniere e le ru­spe e a permettere la nascita del Parco. Molto è an­cora da fare. Tra i nuovi parchi italiani, però, quel­lo che tutela i Sibillini si è segnalato fin dalla nasci­ta per idee, entusiasmo, iniziative. Anche questo è un buon motivo per visitare e apprezzare i “Monti della Sibilla”.

Fiori ben difesi
I grossi capolini di questa pianta delle Asteracee, la stessa famiglia dei cardi, sono ben difesi dalle dure foglie spinose che creano uno sbarramento quasi impenetrabile (sopra).

le gole dell’infernaccio

Chiuso tra i ripidi versanti rocciosi del Monte Sibilla e del Monte Priora, l’infernacdo è il più grande e conosciuto dei canyon dei Sibillini, e insieme uno dei più noti e frequentati d’Italia. Lungo una decina di chilometri, il vallone sì al­larga in alto in una bella conca di pascoli, e si stringe verso valle in una forra impressionante, chiusa da pareti rocciose dite un centinaio di me­tri.

Come molti altri canyon appenninici, l’infernaccio ha il suo punto più spettacolare proprio al­l’inizio dove l’antro delle “Pisdarelle”, chiuso tra due alte pareti di roccia che arrivano quasi a toc­carsi alla sommità, offre un bello spettacolo a base dì cuscini di muschio e cascatelle.

Un’ora e meno, tra andata e ritorno, è sufficiente per rag­giungere le gole dal posteggio e percorrerne la parte più suggestiva. Tre ore e mezzo, invece, oc­corrono se si vuoi proseguire fino a Capo Tenna, dove la stretta forra si allarga per lasciare il posto a una splendida conca dove ampi pascoli fanno da contorno a una bella faggeta. Dopo la strettoia principale, una breve ma suggestiva deviazione porta in circa mezz’ora all’Eremo di San Leonar­do, in posizione estremamente suggestiva, dove vive l’ultimo eremita dei Monti Sibillini.

Da Ca­po Tenna, un lungo ma spettacolare sentiero per­mette di proseguire in salita verso il Monte Sibil­la. Splendido (e affollato) in estate, l’ìnfernaccio va assolutamente evitato d’inverno, quando gros­se valanghe possono precipitare sul sentiero.

L’altra faccia del lago
Le pareti “dolomitiche” del Pizzo del Diavolo si ergono di fronte al Monte Vettore e chiudono la valle dove si apre il lago di Pilato. Come altri luoghi del Parco, questo monte deve il suo nome alla legenda che voleva i suoi versanti frequentati da diabolici esseri (sopra).

UN PARCO PER GLI SPORTIVI E PER I NATURALISTI

Alti e imponenti, spettacolari e selvaggi, i Monti Sibillini offrono itinerari molto diversi. Tra i visitatori del Parco, quelli con i gusti più sportivi possono affrontare le vie di arrampi­cata del Pizzo del Diavolo e del Monte Bove, o cimentarsi nei voli in parapendio o in delta­plano sulla vasta distesa erbosa dei Piani di Castelluccio, che si trasforma d’inverno in un per­fetto terreno da gioco per gli appassionati dello sci di fondo.

I Sibillini innevati sono un ottimo campo d’azione anche per chi preferisce lo sci-alpinismo e l’alpinismo invernale con piccozza e ramponi. Dalla tarda primavera all’autunno, invece il Parco permette splendide escursioni a cavallo, in mountain-bike o a piedi.

In tarda primavera e all’inizio dell’estate i Piani di Castelluccio diventano lo scenario di uno spettacolo naturale nel quale anche l’uomo svolge un ruolo attivo. Secoli di coltivazioni, infatti, hanno diviso il territorio in regolari appcezamenti e favorito la ridistribuzione di molte specie di fori. A questi colori naturali si affiancano le tinte delle piante coltivate fra le quali spiccano le gialle lenticchie, vanto del paese di Castelluccio.

Tra i sentieri più classici e affollati sono quelli che salgono al Lago di Pilato, al rifugio Zilioli e al Vettore e che s’inoltrano nella forra dell’lnfernaccio. Chi cerca atmosfere più selvagge può spingersi verso la vetta della Priora, sulle dolci alture a sud di Forca Canapine o nella selvaggia forra del Fiastrone, al confine settentrionale dell’area pro­tetta.

I centri storici alla base della montagna sono ricchi di fascino. Nel versante interno il pae­saggio è quello tipico dell’Appennino calcareo. Su quello del mare,invece, i centri pedemon­tani sono circondati dalle dolcissime colline che scendono verso la costa adriatica.

da L’Italia dei Parchi Naturali FABBRI EDITORI / Airone

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