#Adv Privacy Policy Cookie Policy

Dolomiti le montagne più belle del mondo

In viaggio tra le nuvole

Sette giorni lungo sentieri alpini e vie ferrate nel cuore delle Dolomiti, al cospetto delle bellissime Pale di San Martino, per una vacanza all’insegna della montagna vissuta a pieno contatto con la natura.
Testo e foto di Tullio Bernabei  da  Rivista Plein Air 

[wonderplugin_slider id=3]

*

*

Le Pale di San Martino, inserite dall’Unesco nella lista dei patrimoni dell’umanità, sono uno dei gruppi dolomitici più conosciuti e certamente il più esteso (240 kmq). Si ergono fra Trentino e Veneto e vi si accede principalmente da San Martino di Castrozza, nell’alta valle del Primiero. Dal centro del paese lo spettacolo di cime, guglie e torri è impressionante soprattutto per la vicinanza di questi giganti di dolomia, che sembrano a un passo.

La catena è costituita da una quindicina di vette a una quota che si aggira intorno a 3.000 metri: la maggiore è la Cima Vezzana (3.192 m), ma la più famosa è il Cimon della Pala, poco più bassa, che domina il centro abitato assieme alla Cima Rosetta e alla Pala di San Martino. Nel centro del massiccio si estende, sopra 2.500 metri di altitudine e per quasi cinquanta chilometri quadrati, l’Altopiano delle Pale, un sorprendente e sconfinato deserto di rocce bianche che possiamo tranquillamente definire lunare.

La presenza di molti sentieri e vie ferrate di varia difficoltà ha consentito alle aziende turistiche e alle guide locali di progettare il Palaronda Hard Trek, un’escursione di sei giorni che permette di percorrere tutto il gruppo delle Pale con partenza e rientro a San Martino di Castrozza. È un itinerario riservato a escursionisti esperti che sappiano muoversi anche su vie ferrate, ma che ripaga con passaggi e paesaggi meravigliosi. Un viaggio emo¬zionante anche se faticoso, dove ogni giorno si affrontano sentieri e ambienti diversi, si fa amicizia con altri escursionisti, si vive la vita semplice e intensa dei rifugi. Noi l’abbiamo affrontato in tre – padre e figli – documentandolo passo dopo passo per condividerlo con i lettori di PleinAir. Ed è stata una grande esperienza.

Un tramonto sul mare di nuvole dal rifugio Rosetta, situato a quota 2.581 metri sul versante occidentale dell’Altopiano delle Pale di San Martino. Nel dettaglio in alto, sosta al Passo di Bali. Sotto, in senso orario: in marcia verso il Rifugio Pradidali nel primo giorno del Palaronda Hard Trek; la neve disciolta lungo il tragitto crea suggestivi specchi d’acqua; la discesa sulla Ferrata Velo della Madonna verso il rifugio omonimo nel secondo giorno di escursione.

PRIMA TAPPA Da San Martino di Castrozza al Rifugio Pradidali

Tempo di percorrenza: sei ore (tre dall’arrivo della funivia)
La funivia che sale dall’abitato di San Martino fino alla base della Cima Rosetta (2.743 m) passando per il Rifugio Colverde, è davvero impressionante sia per il dislivello – circa un chilometro – che per la verticalità dell’ultimo tratto. È questo l’inizio del Palaronda Hard Trek, ma se abbiamo voglia di camminare e faticare fin da subito possiamo salire a piedi lungo un sentiero che nell’ultima parte s’inerpica a zigzag proprio sotto la funivia. Una volta arrivati alla stazione alta si deve scendere sino al vicino Rifugio Rosetta-Pedrotti e da lì proseguire in direzione del Passo di Bali, prima in forte discesa sul sentiero 702 e poi risalendo il 715. Un centinaio di metri di cavo metallico aiutano a superare un tratto leggermente esposto, poi svalichiamo lasciando alla nostra destra la Cima Val di Roda e la Cima di Bali. Da qui in una ventina di minuti arriviamo al Rifugio Pradidali (2.287 m): da una ventina d’anni la struttura è gestita da Duilio Boninsegna, persona gentile e profondo conoscitore delle pareti oltre che delle vicende di cui sono state teatro.

SECONDA TAPPA Dal Rifugio Pradidali al Velo della Madonna

Tempo di percorrenza: quattro ore

Ci svegliamo poco dopo l’alba per fare un salto al laghetto glaciale vicino al rifugio: la luce radente, il paesaggio circostante e i riflessi sull’acqua ci regalano mezz’ora di contemplazione, e naturalmente molte fotografie. Dopo un’abbondante colazione partiamo con calma alla volta della Penata del Porton, la parte più impegnativa di oggi (sentiero 739). La maggiore difficoltà sì manifesta subito, in una ripida discesa di un centinaio di metri di dislivello su canaletti franosi. In fondo notiamo sulla destra la prima scala, a dire il vero non molto segnalata, ma per raggiungerla bisogna attraversale un nevaio inclinato e un po’ pericoloso, certamente penalizzante per chi non usa i bastoncini da trekking. La ferrata è molto bella, spesso impegnativa, sempre ben protetta. Si svolge praticamente tutta in salita, a parte una zona superiore dove si scende in un canalone franoso da risalire faticosamente in una ventina di minuti. In cima ecco il Passo del Porton, esile e molto panoramico.

In fondo alla successiva discesa s’intercetta il sentiero Nico Gusella, che porta qui dal Rifugio Pradidali più facilmente, aggirando la Cima di Bali da ovest. Ci dirigiamo ora con un sentiero a mezza costa verso sud, dove troneggia la grande struttura della Cima della Madonna. Poco dopo inizia la ferrata che porta il nome della struttura dove siamo diretti, più facile della precedente e quasi tutta in discesa: in circa quaranta minuti siamo al Rifugio Velo della Madonna (2.358 m), situato in una posizione splendida dalla quale abbiamo assistito a un tramonto straordinario. La struttura, più piccola e intima aspetto al Pradidali, è gestita da Anna Toffol, disponibile come quasi sempre accade in questi luoghi. I frequentatori, più selezionati dalla maggiore difficoltà di accesso, sono prevalentemente arrampicatori attirati dal famoso Spigolo del Velo, una delle vie classiche delle Dolomiti. Ma non mancano gli escursionisti impegnati, come noi, nel Palaronda Hard Trek.

TERZA TAPPA Dal Rifugio Velo della Madonna al Rifugio Treviso

Tempo di percorrenza: più di sei ore
Il bel tempo ci riempie di energia nonostante la fatica si faccia sentire, anche perché gli zaini non sono leggeri. Partiamo risalendo il pendio alle spalle del rifugio, verso la cresta che si staglia ad est (sentiero 742). Per arrivarci non ci vuole molto ma nell’ultimo tratto si deve salire una parete inclinata dove i segni rossi sono pochi e ci si può confondere. I passaggi non sono difficili, ma esposti: la presenza di qualche cavo di sicurezza non sarebbe di troppo. Sull’esile cresta la veduta toglie il fiato: di fianco la Cuna della Madonna e il Sass Maor, davanti la Cima Cimerlo.

L’itinerario classico del Palaronda percorre sulla nostra sinistra il sentiero attrezzato del Cacciatore, alla base della famosa parete del Sass Maor, per arrivare infine in Val Canali. Noi invece facciamo una variante più impegnativa: vogliamo salire sul Cimerlo e poi giù lungo la Penata Dino Suzzati. Scendiamo dalla cresta su tracce di sentiero ripidissime, e anche qui pensiamo che qualche cavo e qualche segnala¬zione in più sarebbero utili. Alla base della discesa lasciamo il sentiero 742 (itinerario normale del Paiaronda) e proseguiamo sul 747. È un percorso intagliato su pendii molto ripidi, assai panoramico, che alla fine risale il Monte Cimerlo (2.505 m) con alcune spettacolari scale.
Dalla sommità di questo torrione roccioso inizia una lunghissima discesa – più di 1.200 metri di dislivello – la cui prima parte è la ferrata intitolata a Dino Suzzati. La via è bella e impegnativa, ma per noi le vere difficoltà arrivano in basso, sui ghiaioni e poi nel bosco, un po’ per la fatica accumulata, un po’ per la scarsità di indicazioni per la nostra meta.

Siamo così costretti a scendere al fondovalle, raggiungendo la strada asfaltata, per poi risalire alla Malga Canali e da lì arrivare abbastanza provati al Rifugio Traviso (1.631 m). Gestito dalla guida alpina Tullio Simoni, è molto frequentato, confortevole, immerso nel bosco e ha di fronte alcune spettacolari vette. La tappa di questo giorno, con la variante che abbiamo scelto, è molto impegnativa: abbiamo camminato per quasi nove ore, mentre nella versione normale il tempo di percorrenza non supera le sei.

QUARTA TAPPA Dal Rifugio Treviso al Rifugio Rosetta

Tempo di percorrenza: circa sei ore
II quarto giorno del nostro trekking è dedicato alla lunga risalita fino all’Altopiano delle Pale, cioè il cuore del massiccio. Lungo il sentiero 707 attraversiamo un bosco di conifere che lentamente lascia il posto a vallette con prati e rocce, solcate da qualche piccolo ruscello stagionale. Poi le rocce diventano grandi e faticose pietraie e infine, dopo il Passo Canali (2.467 m), entriamo in un mondo fatto di nuda dolomia: siamo sul margine orientale del grande altopiano. Qui possiamo proseguire sul sentiero 707 o prendere il 708, che ci porta sotto la cima e il ghiacciaio della Fradusta, e con un’altra deviazione è possibile salire per ammirare da vicino la massa glaciale, che nonostante il continuo ritiro garantisce uno spettacolo affascinante. Il percorso verso il rifugio, che sembra non arrivare mai, si snoda fra avvallamenti e doline in un mare di onde di roccia che si rincorrono all’interno di un paesaggio apparentemente senza vita.

Finalmente, dopo circa sei ore di camminata senza particolari difficoltà, avvistiamo il Rifugio Rosetta (2.581 m). Chi avesse ancora voglia può spingersi in pochi minuti in vetta per ammirare il panorama su San Martino e sul Passo Rolle. La grande struttura è vicinissima alla funivia, e assomiglia più a un albergo di alta quota. Nella confusione riesco comunque a chiedere al gestore Mariano Lott notizie sulla celebre Ferrata Bolver Lugli, che abbiamo intenzione di fare allungando di un giorno il nostro itinerario (vedi il riquadro a pagina 65).

QUINTA TAPPA Dal Rifugio Rosetta al Rifugio Mulaz

Tempo di percorrenza: da quattro a cinque ore
La penultima tappa inizia con le previsioni meteorologiche che suggeriscono un peggioramento atmosferico nel pomeriggio. Ci muoviamo presto per arrivare a destinazione non troppo tardi… al tempo di percorrenza previsto noi dobbiamo sempre aggiungere quello necessario per le soste fotografiche. Il sentiero 703 dapprima scende fino a 2.200 metri, poi risale oltre quota 2.800. Nella prima parte passiamo a est del Cimon della Pala e della Cima Vezzana percorrendo diversi tratti abbastanza esposti, a picco sulla Val delle Gemelle, dove per sicurezza è stato collocato un cavo metallico (Ferrata delle Farangole).

Lentamente saliamo ed entriamo nel circo della Cima Valgrande, una valle bellissima e selvaggia circondata da campanili di ogni tipo. Per arrivare al Passo delle Farangole (2.814 m) dobbiamo ancora risalire una pietraia e un ripido canale attrezzato. Il valico è molto bello, sormontato a destra dal Campanile di Focobon e a sinistra dalla Torre Viennese. Da qui si scende verso destra alla Forcella Margherita: a questo punto vediamo arrivare nuvole minacciose e affrettiamo il passo verso il Rifugio Mulaz (2.571 m), distante solo una ventina di minuti.

Entriamo inseguiti dai tuoni e alle prime gocce di pioggia, e poco dopo si scatena un temporale: appena in tempo! La struttura appartiene alla sezione di Venezia del CAI, e questo ci dice che abbiamo sconfinato in Veneto. Il gestore, Sebastiano Zagonel, è più che disponibile e durante la preparazione dell’ottima cena parliamo di molti argomenti, compreso quello dell’isolamento – non solo fisico, ma di attenzione – di cui soffre a suo dire questa struttura. A noi il suo ambiente intimo piace davvero molto e siamo contenti che il Palaronda Hard Trek passi da qui.

SESTA TAPPA Dal Rifugio Mulaz al Passo Rolle

Tempo di percorrenza: un’ora e mezzo
A parte la salitina iniziale per il Passo Mulaz (2.610 m), l’ultimo giorno è quasi tutto in discesa. Anche oggi la pioggia è prevista solo nel pomeriggio e quindi di buona lena scendiamo lungo il sentiero 710 verso la Val Venegia, sovrastati dal Campanile di Valgrande. Si arriva cosi a un ampio pianoro, il Campigol della Vezzana, dall’ambiente particolarmente bucolico, al cui margine meridionale si trovano le sorgenti del Travignolo. Un’ultima salita su strada sterrata ci conduce alla Baita Segantini (2.170 m) da dove si può scendere a piedi o con servizio di navetta a pagamento fino al Passo Rolle, e da lì proseguire con i mezzi pubblici sino al centro di San Martino di Castrozza.

Note dell’autore: Oltre all’Azienda per il Turismo di San Martino di Castrozza l’autore ringrazia i compagni di camminate e di fotografie Luca Ricci, Paola Del Pasqua e Ostilio Cheli, nonché il negozio RRTrek di Roma.

error: Content is protected !!